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Caso tamponi, la Lazio appesa al Protocollo Uefa e al giudice Mastrocola

La Procura pronta a chiedere almeno quattro punti di penalizzazione, ma c'è un vuoto normativo sulle mancate comunicazioni alle Asl da cui derivano quasi tutte le contestazioni

redazionecittaceleste

ROMA - E’ una battaglia europea. Dopo i deferimenti legati ai tamponi di quattro mesi fa, la Lazio punta a scagionarsi da ogni accusa con in mano il protocollo Uefa. Dalle mancate comunicazioni delle positività contro Bruges e Zenit derivano infatti quasi tutte le contestazioni della Procura. Per esempio Immobile non avrebbe potuto giocare col Torino perché, senza l’autorizzazione dell’Asl di competenza, non si sarebbe potuto sottoporre al tampone negativo due giorni prima (era a otto) della fine della quarantena. A differenza che in Italia, però, con Futura Diagnostica a informare automaticamente per conto della società fiduciaria le Regioni Lazio e Campania, della trasmissione dei risultati dei test Champions alle autorità competenti si doveva occupare la Sylab: «Nel protocollo Uefa è previsto che il laboratorio che esegue l’analisi comunica il risultato alla Regione Toscana, per ciò che riguarda i calciatori italiani – spiega l’avvocato biancoceleste Gentile – e, se trova un calciatore di una squadra straniera positivo, non cerca l’autorità sanitaria competente, ma lo comunica al club. Se fosse stata rilevata una situazione di positività in Belgio, la comunicazione sarebbe arrivata alla Lazio che avrebbe dovuto avvisare la Regione. Tutto ciò è avvenuto in Italia, pertanto sosteniamo che la comunicazione alla Regione è quanto previsto dai protocolli. Attualmente, c’è una lettura diversa e pertanto nel giusto il pm Chiné chiede al Tribunale Federale una sentenza. Quando ci sarà un’analisi corretta della disciplina giuridica, si renderà conto che la ragione è nostra».

NODO ALLENAMENTO

In effetti è interpretabile così quanto scritto a pagina 9 e 12 del volume della Uefa 'Return to Play Protocol' del 27 agosto e ribadito nel terzo volume del 17 dicembre con la disciplina aggiornata. La Lazio crede di potersi sottrarre a un gran fetta di colpa. Poi dovrebbe spiegare comunque, visto che c’è l’orario precedente alla seduta della mail con le positività inviata dalla Synlab (nonostante la Lazio dica il contrario), perché la mattina prima della partenza per San Pietroburgo ha fatto comunque allenare Strakosha, Immobile e Leiva, provati guarda caso fra le riserve. E la risposta non può essere questa, alla luce dei falsi positivi precedenti Hoedt e Pereira: «Il laboratorio europeo ci ha detto che i loro tamponi hanno un margine d’errore del 10% sull’affidabilità». La Procura è pronta da regolamento a chiedere almeno quattro punti di penalità sui quali entro circa un mese in primis sarà chiamato a decidere il giudice Mastrocola. Poi ci saranno eventualmente altri due gradi per attenuare o eliminare ogni responsabilità.

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