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Zigoni racconta Provedel: “Se la Lazio è così in alto è merito suo”

Ivan Provedel
L'ex attaccante Gianfranco Zigoni, che scoprì Provedel ancora alle prime armi, racconta il giovane portiere e il suo inizio come attaccante

redazionecittaceleste

Di figure emblematiche il calcio italiano ne ha di certo tante. Gianfranco Zigoni è di certo una tra queste. Attaccante affidabile, personaggio memorabile: durante la sua esperienza al Verona (dal 1972 al 1978) una volta si presento al Bentegodi, in panchina, con una pelliccia che lui stesso volle precisare essere di lupo. Tra le tante squadra delle quali ha vestito la maglia anche la Juventus, la Roma, il Genoa e il Brescia. Gli scarpini se li tolse definitivamente nel 1987 per poi dedicarsi al calcio di provincia. Ha allenato il Basalghelle, polisportiva vicino a Treviso che poi si è unita al Piavon prendendo proprio il nome di "ASD Gianfranco Zigoni". Tra i tanti ragazzi che ha allenato c'è stato anche un giovanissimo Ivan Provedel che inizialmente non indossava i guanti e la palla puntava a farla entrare. Al Corriere dello Sport, Zigoni racconta il giovane Provedel.

Provedel

"Chiariamo subito. Lo avrei fatto giocare in porta. Ogni tanto lo accontentavo, figuriamoci se non soddisfo un bambino. Aveva un carattere da leader. Segnava e soprattutto sua mamma voleva che giocasse fuori. Così corre, ha bisogno di sfogarsi mi diceva. E allora restava centravanti, anche perché era alto, con un fisico superiore alla media. Poi lo segnalai al treviso. L'allenatore dei portieri era un amico. Mi disse subito che tra i pali Ivan era un fenomeno. Tuttavia non poteva giocare in porta perché il posto toccava al figlio del responsabile del vivaio. Così ho aspettato un altro paio di anni. Dopo un provino qui a Oderzo, si trasferì a Udine e cominciò la sua carriere tra i pali".

"In Italia nessun portiere calcia come lui. E' sicuro, trasmette tranquillità. Se la Lazio è così in alto, è merito suo. Con l'Udinese ha fatto un miracolo su diagonale di Pereyra, 9 volte su 10 quella palla ca dentro. Da bambino era un duro. Correva tanto. Lo facevo giocare a tutto campo, non solo davanti, forse sarebbe diventato un mediano. Poi il sangue misto: origini russe, papà friulano. Carattere fortissimo, spirito di sacrificio. Gli voglio bene. Ogni tanto viene a Oderzo. A 28 anni ha un vantaggio. E' nel pieno della maturità, ha esperienza, è fatto come un pennello. Crescerà ancora. Ricordate Jongbloed, l'olandese? Io penso che gli somigli. Sapevo fosse forte, non così tanto. Per me è già il numero uno in Italia, anche più di Donnarumma, penso sia più reattivo. Bellissima la canzone dedicata a Ivan spero solo che alla prima cappella non gli rompano le balle".