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Extra Lazio – Gravina: “Non mi dimetterò se non andiamo al Mondiale”

redazionecittaceleste

La Nazionale italiana si gioca l'accesso al Mondiale. Di questo ha parlato Gravina, presidente della FIGC, in relazione al suo futuro.

Domani la Nazionale italiana scenderà in campo per affrontare la Macedonia nella prima gara del play off di qualificazione al prossimo Mondiale. Di questo ha parlato il presidente della Federcalcio italiana Gabriele Gravina, in un'intervista per La Repubblica, al quale spesso è stato chiesto se il suo futuro dipendesse dalle sorti degli azzurri: "Solo un folle lega la politica al risultato sportivo. Io voglio vincere, ditemi dove devo andare a piedi per vincere queste due partite e ci vado. Ma se pensassi che vincendo due partite risolverei i nostri problemi, ucciderei il calcio italiano".

Sull'Europeo"Quando un sogno lo realizzi, lo hai perso. Conquisti la tua realtà. Abbiamo avuto fortuna? Sì, anche. La stiamo pagando ora? Sì, la stiamo pagando. Abbiamo finito di pagare? Non lo so, vedremo tra poco. Di sicuro venderemo cara la pelle: siamo abituati a sudarci tutto, storicamente o facciamo grandi exploit o grandi flop. E questo ha radici più profonde".

Su Taveccchio"Tavecchio aveva il Coni contro, aveva una maggioranza risicata in un quadro di sistema totalmente diverso da quello attuale. Io sono stato eletto un anno fa, abbiamo vinto l’Europeo, ho una maggioranza solida e un ampio consenso. Non esiste l’istituto della sfiducia, se mi facessi da parte per andare al voto probabilmente verrei rieletto. Che presupposti ci sono per dimettersi? Nessuno".

Su Roberto Mancini"Ha perso una partita delle ultime 40, gli ho fatto firmare il rinnovo prima dell’Europeo e non era scontato che lo vincessimo, anzi. Se avessimo segnato quel rigore di Roma contro la Svizzera, per me un “rigorino”, non staremmo a parlare di tutto ciò".

Sul calcio italiano"Guardate il risultato del calcio italiano nelle competizioni europee. Se la Juve perde 3-0 con la settima spagnola c’è un motivo. Se tutte escono prima dei quarti in Champions c’è un motivo. Le Primavera hanno solo il 30% di giocatori italiani, non ci sono infrastrutture per far allenare i giovani, abbiamo perso 200 mila tesserati del settore giovanile e scolastico durante la pandemia, recuperandone poi 120 mila. La responsabilità politica c’è se non si risolvono questi problemi. Sento parlare di una Serie A come la Premier. Ma la federazione inglese ha una quota della Premier con la golden share e il diritto di veto su tutto. Sarebbe come commissariare la Lega: a me va bene, ma chi ne parla lo sa."

Sull'indice di liquidità"Il tema delle licenze è delicato. Se la A non comincia ad adeguare il proprio modus operandi a logiche aziendali vere, avrà un risveglio violento quando sarà la Uefa, con la commissione che ho l’onore di presiedere, a inserire indicatori rigidi per giocare le coppe, dal 2024/25. Se alcuni indicatori economici mi dicono che il sistema è in una condizione di prefallibilità, io devo intervenire. Come la difendo la Serie A? Lasciandola fallire o creando i presupposti per una gestione virtuosa? La mia preoccupazione coincide con quella di Fifa, Uefa e tante altre federazioni. Non capisco le reazioni scomposte, invece di fornire possibili soluzioni. Casini? Ho chiesto di introdurre altri tre indici di controllo, su solvibilità, stabilità e controllo costi. Tra due o tre anni, per partecipare ai campionati non si potrà spendere più di una certa soglia. E bisognerà aver pagato tutti i debiti".

Sulle plusvalenze e il razzismo"Sul piano sportivo, potremmo arrivare a considerare solo il saldo attivo delle operazioni: se fai lo scambio di figurine, non hai un vantaggio. Studiamo soluzioni per togliere la tentazione. Sul piano civilistico, resta il problema della valutazione oggettiva di un calciatore. Ma su questo è al lavoro la giustizia, non solo sportiva. Razzismo? Tutte le società hanno gli strumenti tecnologici per identificare i razzisti e devono utilizzarli, altrimenti pagano. Tante li hanno denunciati penalmente. Piuttosto, gli ispettori sul campo dovrebbero essere più attenti ad ascoltare cosa succede".

Sulla Juve e la Superlega"Quel contratto è un’ipotesi progettuale. Se diventasse realtà, la Juventus sarebbe fuori dal campionato italiano. La Superlega è la risposta sbagliata a un’esigenza reale. Anche l’Italia deve ragionare su come migliorare la qualità del campionato e renderlo più appetibile per i mercati in espansione come quello arabo dove al momento raccoglie poco".